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Rassegna Stampa

lunedì 26 maggio 2008

Bomba Ecologica: Spinetta come Bussi


Il limite ammesso di cromo esavalente, tossico e cancerogeno, è di 5 microgrammi per litro. La Coopsette, analizzando i terreni su cui vuole costruire a Spinetta Marengo (Alessandria) un ipermarket, ha riscontrato 288 microgrammi. Così venerdì 23 maggio 2008 sono apparsi titoloni a sei colonne su giornali e tv: “Bomba ecologica. Falde inquinate. Emergenza pozzi a Spinetta”. Ma dove stava la novità, la sorpresa? In realtà la dottoressa Rini, capo laboratorio dello zuccherificio di Marengo, fin dagli anni ’80 denunciava ripetutamente sui giornali che l’acqua in falda era al punto inquinata da essere inutilizzabile nella lavorazione delle barbabietole.


Inquinata da chi? Dalla Montedison. Un allarme che Medicina democratica negli anni ha ripreso più volte, pubblicando sulla stampa le foto dei bidoni nascosti, rivendicando l’Osservatorio della Fraschetta e contestando i palliativi dell’azienda e delle amministrazioni pubbliche. L’abbiamo ancora ripetuto la settimana scorsa all’assemblea popolare di Pozzolo Formigaro.
Finalmente il 23 maggio l’opinione pubblica è rimasta scossa dall’emergenza idrica, con il sindaco che ordina la chiusura dei pozzi. Abbiamo dunque scritto ai giornali: “ Prima che si esaurisca di nuovo l’ondata emotiva, invitiamo di nuovo gli enti preposti ad andare a vedere che cosa c’è sotto e attorno allo stabilimento ex Montedison e ora Solvay e Arkema. Non ci sono barriere che tengano. Spinetta è come Bussi in Abruzzo, è un altro scandalo nazionale.


Nel sottosuolo all’interno della fabbrica stanno percolando nelle falde i veleni sversati, non solo il cromo. Bisogna fare i carotaggi e le analisi. Cosa è stato depositato nel bunker antiaereo di cui si chiacchiera dal dopoguerra? Bisogna andare a vedere. Le colline sullo sfondo dello stabilimento non sono naturali nella piana di Marengo: sono depositi di rifiuti. Bisogna andare a scavare. Provvederanno ASL e ARPA? Lo pretenderà la massima autorità sanitaria comunale, cioè il sindaco di Alessandria, preoccupato di interrompere i cicli produttivi e non altrettanto dell’acquedotto? E gli altri sindaci della Fraschetta? Per i reati commessi, per le misure di emergenza, per i risarcimenti: sarà tempestivo l’intervento della Magistratura? Il Comune si costituirà parte civile? Sono queste le domande inquietanti che poniamo nel timore che un nuovo velo venga tra qualche giorno a coprire le vergini grida di allarme e sdegno.”
Così scrivevamo. Il 24 maggio, apertura di una inchiesta della Procura della Repubblica e riunione di emergenza fra Comune, Provincia, Arpa, Solvay e Unione industriali, alla luce delle quali aggiungiamo le seguenti considerazioni che saranno trasmesse alla Procura e a tutti gli enti competenti. Specifichiamo che Medicina democratica si costituirà parte civile nel procedimento che la Magistratura vorrà aprire per azienda e amministrazioni.

1) Gli imputati per l’avvelenamento pubblico non sono “ignoti” ma sono innanzitutto i dirigenti della Montedison che si sono avvicendati nel grande polo chimico.

2) La Solvay, che è subentrata nel 2002 alla Montedison, era a conoscenza della situazione pregressa della fabbrica addirittura beneficiando dei fondi regionali per la bonifica dei suoli.
3) La bonifica fissata dalla Regione Piemonte era curata per competenza dal Comune di Alessandria con la partecipazione tra gli altri di Provincia e Arpa. Sarà cura della Procura accertarne le responsabilità aziendali e amministrative.
4) Le responsabilità dovranno essere accertate anche per la rilevante perdita di acqua, conosciuta da Comune e Provincia, che avrebbe accelerato e alimentato il deflusso dei veleni in falda, perdita in corso da almeno un anno e non fronteggiata dalle effimere barriere idrauliche della Solvay.
5) Non c’è giustificazione per Provincia & C. Tutti i controlli erano possibili anche prima delle più recenti normative ambientali, a maggior ragione per le risapute denunce pubbliche.
6) La Solvay, subentrata a Montedison, dovrà essere chiamata in solido per i risarcimenti.
7) La società belga dovrà risarcire i dipendenti che saranno messi in cassa integrazione per le perdite salariali, e risarcire la stessa INPS.
8) I risarcimenti si riferiscono non solo ai danni sociali ed economici ai privati e alle aziende agricole, ma soprattutto ai danni alla salute passati, presenti e futuri per l’avvelenamento del suolo e delle acque.
9) L’avvelenamento va accertato non solo per il cromo esavalente ma anche per gli altri veleni sversati nei decenni per le lavorazioni dei pigmenti e dei clorofluorocarburi: urgono carotaggi e analisi dei depositi nascosti sotto gli impianti, nel bunker antiaereo e nelle colline artificiali. Urgono indagini epidemiologiche.
10) Non è vero che i consumatori possono stare tranquilli. La Procura dovrà, ad esempio, verificare se è vero che il pozzo in cui sono stati riscontrati 93 microgrammi per litro di cromo nella mega azienda agricola Pederbona non era mai stato utilizzato per abbeverare il bestiame da carne e latte.
11) Se anche fosse vero che questo e altri pozzi erano stati usati solo per scopo irriguo, il cromo tossico e cancerogeno è entrato comunque nella catena alimentare tramite foraggio, carni, latte, verdure ecc.
12) Addiritura Solvay forniva con i propri pozzi gli abitanti di Spinetta Marengo che utilizzavano l’acqua per usi domestici e per irrigare campi e orti e abbeverare bestiame.
13) Sono stati, malgrado le polemiche che sollevammo, buttati via miliardi di soldi pubblici per progetti (Linfa) che non hanno accertato nulla del disastro balzato alla cronaca.
14) Viceversa Regione, Provincia e Comune non hanno mai voluto realizzare l’Osservatorio ambientale della Fraschetta, che rivendichiamo da trenta anni come strumento di democrazia diretta, unica garanzia per le popolazioni a rischio.
15) La rivendicazione dell’Osservatorio è quanto mai attuale perché se è vero che la drammatica situazione delle falde non è dovuta all’attività in corso alla Solvay, però il polo spinettese resta ad alto rischio chimico e di catastrofe industriale e non solo oggetto anche di recente ad esposti in magistratura per inquinamenti atmosferici.

venerdì 23 maggio 2008

I veleni nascosti sotto Spinetta Marengo



"Bomba ecologica. Emergenza pozzi a Spinetta. Il sindaco ne vieta l’uso. Cromo esavalente nelle falde della Fraschetta. Nel mirino il polo chimico".
Sono i titoloni sui giornali e TV.
Dove sta la novità, la sorpresa? La dottoressa Rini, capo laboratorio dello zucchericio, fin dagli anni ’80 denunciava ripetutamente sui giornali che l’acqua in falda era inquinata al punto da essere inutilizzabile nella lavorazione delle barbabietole. Un allarme che io stesso negli anni ho ripreso più volte, pubblicando sulla stampa le foto dei bidoni nascosti, rivendicando l’Osservatorio della Fraschetta e contestando l’inutile progetto Linfa. L’ho ancora ripetuto la settimana scorsa all’assemblea di Pozzolo Formigaro. Oggi, prima che si esaurisca di nuovo l’ondata emotiva, invito di nuovo gli enti preposti ad andare a vedere che cosa c’è sotto e attorno allo stabilimento ex Montedison e ora Solvay e Arkema. Non ci sono barriere che tengano. Spinetta è come Bussi in Abruzzo, di cui parlano tutti i telegiornali. Nel sottosuolo all’interno della fabbrica stanno percolando nelle falde i veleni sversati, non solo il cromo. Bisogna fare i carotaggi e le analisi. Cosa è stato depositato nel bunker antiaereo di cui si chiacchiera dal dopoguerra? Bisogna andare a vedere. Le colline sullo sfondo dello stabilimento non sono naturali nella piana di Marengo: sono depositi di rifiuti. Bisogna andare a scavare. Provvederanno ASL e ARPA? Lo pretenderà la massima autorità sanitaria comunale, cioè il sindaco di Alessandria, preoccupato di interrompere i cicli produttivi e non altrettanto dell’acquedotto? E gli altri sindaci della Fraschetta? Per i reati commessi, per le misure di emergenza, per i risarcimenti: sarà tempestivo l’intervento della Magistratura? Il Comune si costituirà parte civile? Sono queste le domande inquietanti che poniamo nel timore che un nuovo velo venga tra qualche giorno a coprire le vergini grida di allarme e sdegno.
Lino Balza