Molti dei composti chimici più usati negli oggetti di uso quotidiano sono
potenzialmente nocivi per la salute. A essere messe sotto accusa sono ora due famiglie di sostanze che conferiscono resistenza al fuoco e all'acqua, i Pfoa e i Pbde sospettati, rispettivamente, di essere nocivi per il fegato e di mettere a rischio la fertilità
Ci viviamo tutti immersi, e non c'è modo di evitarli. Ma molti dei composti chimici più usati per rivestire di tutto, dalle pentole ai divani, dai tessili agli alimenti, sono potenzialmente nocivi per la salute, e la preoccupazione cresce. A essere messe sotto accusa sono ora due famiglie di sostanze che conferiscono resistenza al fuoco e all'acqua, i Pfoa (da acido perfluoro-octanoico) e i Pbde (polibromodifenileteri) già indicati come distruttori endocrini e potenziali cancerogeni e ora sospettati, rispettivamente, di essere nocivi per il fegato e di mettere a rischio la fertilità.
In uno studio pubblicato sull''American Journal of Gastroenterology', i ricercatori del College of Public Health di Taipei hanno riportato quanto scoperto su 2.200 persone: esiste una relazione lineare tra il livello di Pfoa nel sangue e l'incremento delle transaminasi, gli enzimi epatici che si innalzano in presenza di una malattia del fegato. Quelli più a rischio sono i grandi consumatori di pesce, dove i Pfoa si accumulano, provenendo dalle acque inquinate dagli scarichi industriali. Nel 2006 l'Europa aveva invitato i produttori a usare sostanze alternative.
In un secondo studio, uscito su 'Environmental Health Perspective', i ginecologi dell'Università di Berkeley hanno riferito quanto osservato su 300 donne che stavano cercando di avere un figlio: più alti erano i valori di Pbde e minori erano le probabilità di farcela; in un arco di tempo di 13 mesi, la fertilità era dimezzata per le donne con le più alte concentrazioni. Dagli anni settanta a oggi il livello di Pbde nel sangue degli americani è raddoppiato ogni cinque anni ma qualcosa, forse, sta per cambiare, perché i Pbde saranno del tutto banditi entro il 2013. L'Europa ha vietato alcuni Pbde usati nei computer nel 2002 e definitivamente nel 2008.
Agnese Codignola
Estense.com: Quanto Pfoa c’è nel sangue che doniamo?
Gentile Prof. Florio Ghinelli,
Presidente Avis Provinciale-Ferrara
sono Angelo Storari, un cittadino ferrarese attivamente impegnato in attività di volontariato, di protezione civile, di cooperazione con i paesi in via di sviluppo e nelle battaglie a difesa del benessere e della salute delle persone.
E’ per questo motivo che Le scrivo, raccogliendo e facendo eco alle domande che esimi componenti dell’associazione Medicina Democratica e della rete No Inc, con la quale collaboro da tempo, stanno ponendo, in altri territori.
Ma anche perché sono socio e donatore e come tale preoccupato della salute e del benessere non solo miei, ma anche di coloro che beneficeranno della mia decisione di vita, mia e di tanti altri ferraresi, di donare qualcosa che un giorno forse vorrei mi fosse donato se ne avessi necessità. Molti parlano, a volte troppo. I soci Avis fanno certamente parte di coloro che pensano che a volte un solo gesto conti più di mille parole. Uomini del fare, dell’agire concreto, più che della parola.
Noi tutti soci donatori, sono certo, ci preoccupiamo e ci sottoponiamo a controlli, perchè giustamente vogliamo che ciò che diamo al prossimo sia un regalo, un dono. Spero, anzi sono certo pertanto di cogliere la sensibilità, la generosità e lo spirito di tutti i soci donatori, nel chiedere che venga accertato che il nostro sangue sia solo ciò che deve essere: un aiuto, un soccorso, un gesto d’amore e non altro.
Quanto PFOA c’è nel sangue che doniamo? Personalmente vorrei la certezza che non ve n’è traccia. Che anche il minimo dubbio venga fugato. Sappiamo che questa sostanza è presente in vari modi nella catena alimentare e che anche il nostro fiume la trasporta, che non si degrada ma anzi entrando nel ciclo alimentare si deposita nei tessuti.
Purtroppo con grave ritardo e responsabilità, questa sostanza, il cui nocumento alla salute umana è ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica, non è ancora normata nel nostro paese.
Ci auguriamo che l’Avis, di cui orgogliosamente facciamo parte, non lasci il questo appello inascoltato, così come sempre i ferraresi hanno sempre ascoltato l’Avis dimostrando la generosità, l’altruismo e la propensione verso l”altro” di questa nostra terra.
Estense.com: Chi ha controllato l’acido Pfoa nell’acqua del Po?
La risposta dell’Ato ai quesiti posti da Ppf in merito alla presenza di Pfoa nelle acque del Po è inquietante.
L’ing. Graldi nella sua nota odierna dichiara: “Il laboratorio di HERA S.p.A. di Sasso Marconi – Bologna ha nel frattempo già accreditato SINAL le seguenti sostanze denominate Interferenti Endocrini (ED) nelle acque destinate al consumo umano (primo laboratorio in Italia). Analisi dei livelli di: 17α-Etinilestradiolo, Estrone, β-Estradiolo, Bisfenolo A, 4-Octilfenolo, Nonilfenolo in acque grezze e trattate, ed entro l’anno sarà accreditata la metodica su PFOA. Analisi sulle acque grezze e potabili di questa sostanza potranno comunque essere effettuate a partire dal mese in corso”.
Siamo fortemente preoccupati circa l’effettuazione o meno, nei mesi ed anni scorsi, delle analisi del PFOA a monte dell’impianto di Pontelagoscuro. Sono stati fatti i controlli? Quante volte e quando? Chi li ha fatti? Quali valori sono stati riscontrati? E’ stata tutelata la salute dei cittadini?
Il PFOA, acido perfluorottanoico, è tossico, mutageno, cancerogeno, teratogeno, se respirato o bevuto o mangiato col pesce e nella catena alimentare. E’ scaricato a Spinetta Marengo (Alessandria) dalla Solvay, società già sotto processo per lo scandalo del cromo esavalente, cancerogeno. Dalla Bormida finisce in Tanaro e infine nel Po.
A Pontelagoscuro e alla foce del Po il PFOA sarebbe presente in concentrazioni fino a 200 ng/l.
La normativa italiana in materia di acque potabili (D. Lgs. 31/01), che recepisce una Direttiva Comunitaria, non contempla tali sostanze per le quali non sono fissati limiti di concentrazione, ma l’Health Protection Agency (HPA) inglese indica in 10 μg/L (microgrammi per litro) la concentrazione massima accettabile “raccomandata” nelle acque potabili.
Rivolgiamo un appello al sindaco, massima autorità sanitaria della città ed all’azienda sanitaria locale. I cittadini hanno il diritto di sapere se sono stati effettuati i controlli del PFOA nell’acqua potabile, quando, da chi e quali valori sono stati misurati.
Valentino Tavolazzi
Progetto per Ferrara